Abe Gurvin
Abe Gurvin (Attleboro, Massachusetts, 31 dicembre 1937 - Santa Maria, [Santa Barbara County], California, 9 luglio 2012) è stato uno dei più prolifici ed interessanti artisti americani, tra i maggiori rappresentanti della 'psychedelic art' (che, nata a San Francisco, era un'evoluzione dell'arte 'groovy', e che traeva ispirazione dall'uso sistematico dell'LSD). Le notizie sulla sua formazione scolastica e professionale sono totalmente assenti dai websites, mentre assai noti, amati e premiati sono i suoi lavori: ha disegnato copertine di album per artisti come Janis Joplin, The Zodiac, Federal Duck e Bread, ma la storica serie di copertine per i dischi Nuggets per Elektra, rappresenta un autentico capolavoro che ha sancito, e in un qualche modo chiuso, un'era artistica straordinaria
Il portfolio di Abe Gurvin includeva lavori pubblicitari per aziende come Toyota, Coca-Cola, Disney, Suzuki, IBM, Marantz, Scholastic, Kenwood, Time-Life Books, Sony Music e molti altri. Ha ricevuto premi da One Show, Communication Arts, New York Art Directors, Best of Show, LA Society of Illustrators, New York Society of Illustrators, Los Angeles Art Directors Club, Society of Publication Designers e The Belding Award.
Ricordiamo alcuni lavori grafici di Abe Gurvin come l’indimenticabile copertina di Car & Driver del maggio 1968, dove un disegno psichedelico era stato trasferito sul cofano di una Porches; la collezione di disegni per la cucina Casserole Cookbook, per la serie fantascientifica Sci-Tech e le numerose illustrazioni realizzate a mano per un progetto editoriale di fiabe (rimasto inedito ancora oggi) chiamato I Am Being Me di Ann di Hope.
Abe Gurvin ha fatto parte del consiglio di amministrazione della SILA (Società degli illustratori di Los Angeles); nel 1988 Gurvin si è trasferì in una villa a Laguna Beach in California e, successivamente, a Santa Maria dove morì all'età di 74 anni.
dischidizecky@gmail.com
l'unica cosa piatta in cui credere è il disco
La mia collezione preziosa è la prova evidente che qualsiasi cosa può essere un tesoro. L'aspetto più importante per me
non è rappresentato dal valore degli articoli, ma dalla gioia che questi mi hanno donato negli anni.
GIANFRANCO RIVOLI, UN 'WORK IN PROGRESS'
Ecco l'ampliamento delle pagine I dischi di Zecky. Ospiterò qui - attraverso aspetti biografici, musicali e discografici -
la carriera musicale del direttore d’orchestra milanese Gianfranco Rivoli. Sarà un lavoro che si protrarrà nel tempo e che si arricchirà sempre di nuovi contenuti e documentazioni. Con me saranno coautori delle pagine i due figli del direttore d’orchestra, Gianmarco e Gianluca, che tesseranno il bellissimo ricamo artistico di un grande musicista, amatissimo dalle orchestre, ammirato dai solisti che accompagnava e autorevole interlocutore dei compositori che gli hanno affidato le prime esecuzioni mondiali dei loro lavori. Io, da appassionato di vinili, coordinerò il tutto e aggiungerò le mie esperienze discografiche (solo quelle ufficiali, impossibile seguire - nel maremagnum dei siti online - le sue registrazioni non ufficiali).
L'interpretazione musicale italiana è ricca di grandi personalità artistiche: alcune sono diventate più famose di altre grazie alla loro notevole eredità discografica e alla quantità di materiale sonoro testimone della loro attività; altri – per scelta – hanno condotto la loro carriera in modo più defilato ma non per questo meno importante. Gianfranco Rivoli è stato tra gli artisti più amati dalle orchestre, dai solisti e dai cantanti di tutto il mondo; fu un Italiano ‘d’esportazione’ (termine coniato per una serie di programmi radiofonici nazionali) e - nonostante fosse frequentemente scritturato per il grande repertorio operistico italiano, egli ottenne straordinari successi nell’opera francese, nel mondo musicale del barocco portoghese e spagnolo, nella musica sinfonica delle grandi scuole nazionali (nordiche e russe) e - ultimo ma non ultimo - nel repertorio musicale del XX secolo, italiana ed europea.
Nato a Milano il 2 giugno 1921, Gianfranco Rivoli compie gli studi presso il Conservatorio ‘Giuseppe Verdi’ della sua città, dove si diploma in composizione, direzione d’orchestra (sotto l’accurata docenza di Antonino Votto) e canto corale; completa poi la propria preparazione professionale compiendo studi di pianoforte e organo, strumenti dove apparve subito un fuoriclasse per la straordinaria velocità di lettura delle partiture, anche le più complesse.
Nel 1937 Rivoli è vincitore del Concorso nazionale di composizione per pianoforte di Bologna e, nel 1940 – a ridosso della seconda guerra mondiale – diviene giovane direttore dell’Orchestra Universitaria di Milano. Sono questi i tempi duri della guerra: nel 1943 il giovane musicista interrompe la promettente carriera di direttore d’orchestra per essere obbligatoriamente arruolato nell’esercito, dove presta servizio fino all’8 settembre 1945. Era quella un’Italia in balìa tra la follia politica fascista e la volontà di uscire al più presto dal degrado della guerra: come Gianfranco Rivoli, sono stati molti i giovani musicisti coinvolti loro malgrado nelle vicende politiche di quegli anni: Bruno Maderna, Carlo Maria Giulini e Guido Cantelli, Gioconda De Vito, Arturo Bendettti-Michelangeli, Carlo Zecchi, i componenti del Quartetto Italiano, il giovanissimo Igor Markevitch (all’epoca residente a Firenze) e i più ‘anziani’ Vittorio Gui, Willi Ferrero, Victor de Sabata e Gino Marinuzzi, per non parlare dei più grandi cantanti operistici di quegli anni, tutti in bilico tra opportunismo politico e disgusto per il fascismo.
Gianfranco Rivoli ebbe la fortuna di essersi adoperato solo per la causa musicale: nel 1942 (ma il film uscì nel 1943) scrisse la colonna sonora per il film I trecento della settima, commossa celebrazione dell’eroismo alpino del regista Mario Baffico. La pellicola narra la storia di una compagnia di Alpini, che – partita da un borgo di una delle nostre vallate italiane – si reca in Albania dove le è affidato il compito di tenere ad ogni costo un valico di particolare importanza strategica. I trecento uomini, stretti intorno al loro capitano, restano fedeli alla consegna e resistono all’infernale accanimento del nemico, preponderante e meglio piazzato, logorandosi, assottigliandosi fino a rimanere solo un manipolo di uomini e sopportando privazioni di ogni genere. Alla fine l’esiguo gruppo di superstiti, conquista la vetta in mano del nemico e, con il morale altissimo, gli ultimi alpini rendono gli onori al proprio capitano eroicamente caduto. Il film, apertamente propagandistico, era recitato dai veri alpini di due battaglioni piemontesi e le scene furono girate in parte a Cinecittà, in parte sulle colline di Limone Piemonte e (per le scene d’altura) alle pendici del Monte Bianco. Se il successo di pubblico e di critica fu modesto (nel volume II della collana Cinema, grande storia illustrata della DeAgostini, Novara 1981, viene sottolineata l’impressione di imminente sconfitta italiana che il film induceva sul pubblico) in sé il film può ben definirsi un ‘anticipo’ del neorealismo cinematografico italiano che dominerà le sale di proiezione italiane del dopoguerra. La musica di Rivoli è di grande pregio: divisa tra descrittivismo dell’ambiente naturale e bellico, e l’introspezione del sentimento eroico-umano di quegli alpini, essa dimostra essere prova di notevole sapienza musicale ed orchestrale, seppur contenga riferimenti - tra l’altro assai apprezzati - alla musica operistica italiana.
Finita la guerra e ritornato in Italia, Gianfranco Rivoli incontra Raffaella Cortellini che diventa sua moglie: dal matrimonio nascono i primi due figli, Gianluca nel 1946 e Gianmarco nel 1948. È nel 1946 che il giovane maestro inizia un lungo periodo di collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano: con la ricostruzione del Piermarini, le prime esperienze del direttore milanese conobbero immediato e caloroso successo, tanto che sul podio scaligero (grazie ai suoi sinceri sostenitori, Antonino Votto e Victor de Sabata) fu invitato stabilmente come direttore dei balletti fino al 1951. Fu nella stagione estiva della Scala, che si tenne presso il Palazzo dello Sport nel 1946, che il venticinquenne Rivoli salì sul podio per dirigere il capolavoro di Delibes, Coppelia: i cui interpreti erano artisti di grande notorietà, quali il famoso Ugo Dell’Ara, l’étoile Emilia Clerici e Ria Legnani. Le sontuose scene ed i costumi erano di Nicola Benois, figlio del pittore e scenografo Aleksandr. Nel giugno 1947, in occasione della XXV Fiera di Milano i Delegati di Francia vennero invitati ad una serata in loro onore con una applaudita rappresentazione di Madama Butterfly. Sul podio salì una vera star di quel tempo, Antonio Guarnieri, mentre a Gianfranco Rivoli venne affidata la direzione di un capolavoro della danza, il celeberrimo Boléro di Maurice Ravel. La magistrale esecuzione di Rivoli, indirizzata ad una visione fortemente idiomatica del pezzo, entusiasmò i delegati francesi per la stupefacente interpretazione dell’orchestra e la perfetta preparazione del corpo di ballo.
È anche capitato, in quegli anni giovanili, che l’intemperante giovane Gianfranco non tenesse a freno la lingua e gli capitasse di criticare i potenti sovrintendenti e direttori artistici della rinascita teatrale italiana del dopoguerra. Alla fine di quegli anni ‘40 Rivoli fece spalluccie a diverse richieste musicali, trovando da dire su alcune scelte artistiche di Antonio Ghiringhelli, sovrintendente del Teatro alla Scala, imperturbabile imprenditore ed industriale: questi gli aveva affidato la direzione di alcuni balletti da eseguirsi al Parco dello Sport, in attesa della ricostruzione del Teatro alla Scala e non gradì le critiche. Dal 1946 (appena inaugurato il Teatro dopo la ricostruzione) Ghiringelli si affidò al solido mestiere di Gianfranco Rivoli, scritturandolo per numerose rappresentazioni della stagione dei balletti. In generale, le circostanziate critiche ai ‘potenti’ non facilitò la carriera di Rivoli (e questo più in Italia che all’estero), ciò nonostante gli spettacoli che diede alla Scala gli furono utili nella vita professionale successiva, e comunque, per i dirigenti, i registi, i cantanti e i lavoratori dello spettacolo che lo conobbero, il suo carattere schietto e sincero fu spesso apprezzato poiché erano consapevoli che Rivoli non aveva mai secondi fini e che tutto ciò che diceva e faceva era in nome della musica e della sua onestà intellettuale.
Rivoli viveva il teatro dal 'di dentro’, viveva la musica in modo totalizzante e la sua curiosità artistica lo spingeva sempre a presenziare alle prove dei maggiori maestri di quegli anni e di assistere alle storiche messe in scena di opere che hanno fatto la storia del teatro milanese. Dai grandi direttori Rivoli ha appreso i segreti dei ‘suoi maestri (erano nello stesso tempo ‘colleghi’): Victor de Sabata, Herbert von Karajan, Carlo Maria Giulini, Antonino Votto, il giovanissimo Guido Cantelli, Argeo Quadri, Franco Capuana, Issay Dobrowen, il suo stesso insegnante Antonino Votto e soprattutto Wilhelm Furtwängler. Gianfranco Rivoli, davanti a queste monumentali figure musicali, si confrontò da par suo con l’olimpo della direzione d’orchestra.
Spesso si alternava, nella direzione, con un direttore già molto noto al pubblico milanese, Nino Sanzogno. In collaborazione con l’amico fu protagonista di stagioni memorabili in tournée per l’Italia a portare opera i balletti creati a Milano all’Arena di Verona, al Maggio Musicale Fiorentino ed al Teatro Regio di Torino. Nel 1950 Gianfranco Rivoli ebbe l’occasione di dirigere una delle più grandi étoile dell’Opéra de Paris, Yvette Adrienne Chauviré, che dal 1948 calcava trionfalmente i più prestigiosi palcoscenici d’Europa. Per la Chauviré quelli non erano anni facili, non per la sua professione, ma per la ‘gelosia’ che il pubblico parigino riservava alla sua ‘musa della danza’, vedendola trionfare prima a Montecarlo e poi a Milano (da lì a poco passerà al Royal Ballet di Londra). L’amore che Yvette Chauviré aveva per Milano e per La Scala era assoluto e sincero: l’incontro con un artista sensibile ma nel contempo tecnicamente inappuntabile come Gianfranco Rivoli produsse spettacoli memorabili. Il balletto, in quegli anni della ripresa sociale ed economica italiana, nel cuore dei Milanesi aveva già raggiunto la stessa importanza dell’opera lirica, e per i maggiori capolavori di questo prezioso genere musicale si alternavano artisti di conclamata fama. Gemma tra le gemme fu proprio Yvette Chauviré, indimenticabile Regina ne Il lago dei cigni di Čajkovskij: lei è perfetta e Rivoli l’accompagna in modo superbo. L’intesa è assoluta, il trionfo è certo: l’ultima recita di quella produzione era il pomeridiano domenicale del 19 febbraio 1950 e tutta la compagine era perfettamente rodata. Nei camerini, gli artisti sono provati, esausti ma enormemente felici dell’eccezionale rappresentazione: ci si saluta, è un ‘arrivederci’ che un po’ sa anche di addio. Rivoli, ammirato - anzi estasiato - della Chauviré rimanda al giorno dopo un ultimo incontro con l’étoile francese. Il lunedì il direttore d’orchestra è alla Scala, incontra la Chauviré e - con una timidezza che non gli era propria - le chiede… un autografo! Non vi sembri una banalità: non era uso tra gli artisti scambiarsi reciproci autografi, ma quel gesto così semplice, spontaneo di Gianfranco suscita la sincera ammirazione di Yvette che scrive:
Pour le Maestro G. Rivolli (sic)
En souvenir de notre “Lac des Cygnes”
si parfaitment dirigé
Sincères remerciements
Chauviré Y
Milan 20/2/50
I Milanesi del Piermarini ricorderanno a lungo il meraviglioso spettacolo offerto dalla Chauviré e da Rivoli. Da lì a poco il direttore d’orchestra tornerà sul podio della Scala per una superba esecuzione de Les Sylphides su musiche di Chopin arrangiate da Vincenzo Tommasini, raffinatissimo compositore che morirà sul cadere proprio di quel 1950. A Milano Rivoli tornerà nel 1971 (alla Piccola Scala) dove dirige il balletto Serenata di Alfredo Casella ed un allestimento dell’opera L’arca di Noè (Noye’s Fluddle, ma cantata in italiano) scritta da Benjamin Britten.
La seconda grande città italiana che vide Rivoli nel fulgore della sua arte direttoriale fu Genova. La ‘Superba’ non aveva solo il Carlo Felice come principale teatro d’opera, ma un numero importante di altre realtà musicali, sia nel genere lirico che sinfonico, come il celeberrimo Cinema Teatro S. Margherita ed il Teatro Grattacielo. Tra il 1952 e il 1973 Gianfranco Rivoli fu uno dei protagonisti principali del mondo musicale genovese: l’esordio nel capoluogo ligure avvenne al Teatro Augustus nel 1952 con Rigoletto di Verdi, Madama Butterfly di Puccini, Cavalleria rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo, opere quest’ultime che videro la prestigiosa presenza sul palcoscenico di Beniamino Gigli. L’Augustus era un teatro ‘fortunato’, dato che fu miracolosamente risparmiato dea bombardamenti del 1941 e in un qualche modo rappresentò la rinascita artistica della città allorché vi presenziarono autentici fuoriclasse come Alberto Sordi (agli esordi) e un grandissimo del jazz come Louis Armstrong. Nel 1952 Gianfranco Rivoli diresse La traviata, con interprete un meraviglioso soprano di origine rumena, Virginia Zeani, Don Pasquale di Donizetti e un’operina moderna Tempo di Carnevale scritta da Guido Farina (1903-1999) su libretto di Arturo Rossato. Farina tenne a lungo la Cattedra di Cultura musicale e (successivamente) di Polifonia vocale al Conservatorio di Milano ed è indubbio che con Rivoli si conosce personalmente, anche se non ci sono documenti riguardo un loro eventuale rapporto d’amicizia.
Nel 1960 finalmente salì sul podio del Carlo Felice (Teatro Comunale dell’Opera come era chiamato allora) con La forza del destino di Verdi e (per la stagione estiva) diresse Il barbiere di Siviglia al Parco della città di Nervi. La stima che Genova mostrò a Rivoli gli valse un solido credito nel proporre opere di autori viventi, cosa non insolita in una Italia che stava conoscendo il suo boom economico e che chiedeva lavori diversi dal grande repertorio: nel 1962 si susseguirono Il prigioniero di Dallapiccola, Il mantello di Luciano Chailly e Mavra di Stravinskij; nel 1963 ecco vedere la luce Le mystère de la nativité di Frank Martin (con Magda László); Battono alla porta di Riccardo Malipiero; in aggiunta ad un’opera belcantista che in Italia aveva avuto grande fortuna agli inizi del ‘900, Fra' Diavolo di Daniel Auber. A Genova seguirono altri lavori di grande repertorio: nel 1964 Lucia di Lammermoor (con una sensazionale Renata Scotto), Rigoletto (con il grande Alfredo Kraus - che divenne uno degli amici più intimi e sinceri di Rivoli) e La Périchole di Offenbach. Nel 1965 Genova vide la nascita di due opere nuove (Il rosario di Jacopo Napoli, e Il contrabbasso di Valentino Bucchi) e di un’opera praticamente mai rappresentata in lingua italiana, Der Mond (La luna) di Carl Orff. Mozart operistico appare nel 1966, con il Così fan tutte, nel sontuoso parco di Villa Gavotti Della Rovere di Albissola; nel 1967 dirige Les Adeux di Marcel Landowski e Partita a pugni di Vieri Tosatti infine nel 1968 mette in scena Job (di Dallapiccola), Œdipus Rex di Stravinskij e El retablo de maese Pedro di Manuel de Falla.
È in questo periodo che Gianfranco Rivoli viene notato dalle dirigenze artistiche di alcuni teatri lirici europei: la sua notevole capacità di assecondare le voci senza stancarle mai (ma, al contrario, valorizzandone i timbri e le capacità espressive) convinsero molti importanti teatri d’opera (e alcune prestigiose orchestre sinfoniche e radiofoniche) che poteva essere la persona giusta per incentivare la presenza di pubblico nei teatri e arricchire il patrimonio di musica incisa per gli archivi radiofonici grazie al suo grandissimo valore musicale ed alla notevole originalità del repertorio. Ha inizio la fase ‘d’esportazione’ della carriera di Gianfranco Rivoli: Parigi, Montecarlo, Zurigo, Ginevra, Amsterdam, L’Aia, Lisbona e – soprattutto – la lunga collaborazione col Teatro del Volksoper di Vienna Lasciò quindi Genova per portare l’arte italiana e la musica del XX secolo per l’Europa: l’ultima apparizione di Rivoli a Genova fu nel 1973 con musica moderna: Renard di Stravinskij ed Il cordovano di Petrassi
La Liguria confina con la Francia e la passione di Rivoli per i festival musicali lo porta inevitabilmente a dirigere opere al Festival di Aix-en-Provence: saranno ben nove le stagioni in cui sale sul podio per dar vita a capolavori come L’incoronazione di Poppea (con una giovanissima Teresa Berganza), Don Giovanni (con la Stich-Randall), Don Pasquale (con Gabriel Bacquier) e Il barbiere di Siviglia (ancora con la Berganza e il giovane Luigi Alva).
All’inizio del 1970 Rivoli è chiamato alla direzione musicale mentre è in costruzione il nuovo Teatro Regio di Torino, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, che verrà inaugurato nel 1973. A Torino e in Piemonte, Rivoli diviene promulgatore di applaudite iniziative per la diffusione (anche in provincia) di musica lirica e sinfonica. La sua capacità manageriale, oltre che il forte carattere musicale e l'affabilità che mostrava con le maestranze, fu ampiamente lodata dal compositore e sovrintendente Alberto Bruni Tedeschi, la cui stupefacente vita meriterebbe oggi una accurata e documentata biografia. Il lavoro di Gianfranco Rivoli a Torino è testimoniato da una serie di spettacoli di prestigio internazionale, grazie anche ai cantanti che gli erano diventati amici e solidi collaboratori, primo fra tutti Alfredo Kraus. Questo ristretto elenco di lavori presentati a Torino mostra la caratura artistica ed intellettuale di Rivoli: Il cordovano, Wozzeck, Il gabbiano (opera di Roman Vlad). Giovanna d’Arco al rogo, Peter Grimes, Jenůfa, Katerina Izmajlova, The Rake’s Progress insieme al grande repertorio lirico con La traviata, Werther, Il barbiere di Siviglia, La Gioconda, Les Contes d’Hoffmann, La Bohème e un Boris Godunov dove Rivoli ottenne un trionfo personale come formidabile direttore d’opera russa. In tournée nella provincia piemontese, ligure e lombarda Rivoli portò il Requiem di Verdi che fece emozionare migliaia di persone. Ecco un commosso ricordo di Piero Robba, conservatore dell’Archivio Storico del Regio di Torino:
«Ho conosciuto Gianfranco Rivoli all’inizio di settembre 1971 quando, a seguito di concorso del Teatro Regio, assunsi l’incarico di ispettore del coro (...) L’incontro e la frequentazione con Gianfranco Rivoli è stata una delle esperienze più importanti sia sul piano professionale sia sul piano umano e civile. Persona decisa, dinamica, comunicativa, mi affascinò immediatamente e si stabilì subito un rapporto franco e cordiale. Saputo della mia precedente esperienza nel teatro di prosa si interessò molto del lavoro e dell’ambiente e ricordo con piacere l’esperienza nel dirigere famosi attori come Valentina Fortunato, Sergio Fantoni, Enzo Garinei e altri con la regia di Luca Ronconi nella Giovanna d’Arco al rogo di Honegger, nel 1967 al Teatro Nuovo.
Il maestro Rivoli veniva da una lunga frequentazione con il Teatro Regio che risaliva al 1949 quando diresse il balletto Passacaglia con musiche di J.S. Bach, al Teatro Nuovo, poi diresse altre opere, balletti e concerti fino al 1980, facendo conoscere a Torino dei capolavori del Novecento quali Daphnis et Chloé di Ravel, Il prigioniero di Dallapiccola, Wozzeck di Berg, Il cordovano di Petrassi, Œdipus Rex di Stravinskij, Peter Grimes di Britten, Jenůfa di Janáček, Katerina Izmajlova di Šostakovič e altre opere e autori sconosciuti al nostro pubblico. Nel gennaio 1971 fu nominato Direttore Stabile, ruolo che precedentemente non esisteva nell’organico del Teatro. Questa fu una delle tante invenzioni che il nuovo Sovrintendente Giuseppe Erba introdusse al Regio come l’incredibile idea-progetto delle Stagioni d’Autunno al Palasport, idea che trovò in Gianfranco Rivoli uno dei più validi sostenitori e di cui divenne l’artefice.
Rivoli in realtà aveva anche le funzioni di Direttore Artistico, anche se non ufficialmente in quanto, tra il 1970 e il 1972, si alternavano alla direzione artistica Ferdinando Previtali e Luciano Chailly come consulenti, ma di fatto quasi mai presenti a Torino. Rivoli svolse egregiamente sia la direzione che l’organizzazione artistica, in un clima e una situazione molto difficili. Difficoltà e ostacoli logistici, sindacali, economici, legislativi, che una personalità decisa e operativa come Rivoli, abbinata alla determinazione di un sovrintendente come Erba, riuscirono a gestire e controllare determinando il successo del Palasport e le premesse del nuovo Regio che era in gestazione.
L’esperienza del Palasport è stata utile e interessante, ma certamente le difficoltà di lavoro in un ambiente nuovo e adattato non erano poche e, in più occasioni, i rappresentanti del coro e i sindacalisti contestavano la Direzione il cui referente era Gianfranco Rivoli. Durante un ennesimo scontro verbale ricordo la reazione del Maestro alle accuse poco ortodosse, alle quali esplose gridando: «Io ho fatto la Resistenza, figuriamoci se mi impressionano quattro fascistelli come voi!». Con qualche mormorio i contestatori si calmarono.
Gianfranco Rivoli diresse l’opera inaugurale delle Stagione del Palasport, Cavalleria rusticana e Pagliacci, il 3 ottobre 1971, di fronte a circa settemila spettatori; un evento eccezionale e uno dei successi della lunga storia del Teatro Regio. Altra data storica che conferma la presenza determinante di Rivoli al Regio è stata il 15 gennaio 1972, quando il Maestro diresse la prova acustica nel cantiere del nuovo Regio: in un freddo polare, tra tralicci e passerelle, nella cavea del Teatro risuonò l’inizio di Tosca di Puccini. Un’emozione unica e l’eccezionalità del significato di: "Io c’ero!". Nelle altalenanti traversie dei direttori artistici e nell’imminente inaugurazione del Teatro, nel marzo 1972 Rivoli diresse un’altra importante novità per Torino, The Rake’s Progress di Stravinskij.
Si iniziò altresì a imbastire l’opera inaugurale che doveva essere I vespri siciliani di Verdi [è la celebre edizione dell'aprile 1973 con la regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano, n.d.r], e Gianfranco Rivoli collaborò con Luciano Chailly, il sovrintendente Erba e Gianadrea Gavazzeni, che avrebbe dovuto dirigere l’opera, a definire le compagnie e il trasferimento nel nuovo Teatro. Inaugurò ancora la Stagione d’Autunno al Palasport con La traviata, nel settembre 1972. Nel dicembre 1972 fu finalmente nominato il Direttore Artistico Fulvio Vernizzi, che prese in mano una situazione alquanto confusa e incerta, ma comunque ben impostata. L’incarico di Direttore Stabile di Gianfranco Rivoli non venne rinnovato alla scadenza (inizio del 1973) per i paventati timori del Consiglio d’Amministrazione sull’eventuale incompatibilità tra Direzione Artistica e Direzione Stabile, trattandosi in effetti di due direttori d’orchestra.
Il maestro Rivoli continuò la sua collaborazione al Regio come libero professionista, dirigendo anche Werther nella piccola stagione inaugurale del nuovo Regio, nell’aprile 1973. Diresse ancora Il barbiere di Siviglia, sia al Regio che in vari teatri del Piemonte, e Les Contes d’Hoffmann a fine 1973. Nel 1974 La Bohème al Regio e poi ancora un concerto nel 1980.
Amor di patria mi induce a stendere un pietoso velo sulle incompetenze del Consiglio d’Amministrazione e sulle indecisioni dirigenziali dell’epoca, che non seppero sfruttare e utilizzare il carattere manageriale e la professionalità artistica dimostrata dal Maestro Rivoli nei due anni della sua presenza di direttore ‘tuttofare’, sapendo dirigere e gestire situazioni eccezionali in uno dei momenti più difficili nella storia del Teatro Regio, che segnarono però la rinascita dell’istituzione».
Si diceva di Rivoli 'un maestro europeo': fu scritturato infinite volte in Svizzera, a capo delle orchestre di Ginevra (sia la celeberrima Orchestre de la Suisse Romande che quella di Radio Genève), di Orchestre de Lausanne, della Radio Beromünster (poi diventata Radioorchester DRS di Zurigo) e l’Orchestra della RSI (oggi OSI) di Lugano. Nel 1972 viene invitato all’Opéra di Parigi dove dirige un memorabile Il barbiere di Siviglia. Nel 1974 Gianfranco Rivoli, con grande genialità, si reinventa una 'nuova' carriera con la prestigiosa nomina di direttore artistico e musicale dell’Orchestra da Camera della Fondazione Gulbenkian di Lisbona e del suo Festival. Per questa orchestra chiama a concorso/audizione i migliori giovani strumentisti provenienti da tutta Europa, creando di fatto una delle compagini migliori di quegli anni per la musica barocca. È sua la riscoperta di repertori sinfonici, operistici, oratoriali e concertistici del ‘700 portoghese e spagnolo, documentati in archivi musicali di grande importanza e da Rivoli incisi sia in disco che per la radio di Lisbona. In questi anni Marie –Thérèse Boiton diverrà sua seconda moglie e da lei avrà altri due figli, Matteo nel 1968 ed Athena Beatrice nel 1978.
Gianfranco Rivoli fu direttore di alcune importanti stagioni operistiche a Bilbao e la sua arte fu determinante per la carriera di grandi cantanti: nel 1977 dirige Il trovatore (con Nicola Martinucci, Katia Ricciarelli, Fiorenza Cossotto e Ivo Vinco); nel 1978 La Bohème (con Mirella Freni, Jaime Aragall e Vicente Sardinero); Madama Butterfly, Attila (con Ruggero Raimondi, Rita Orlandi-Malaspina e Martinucci), Andrea Chénier (con Plácido Domingo, Piero Cappuccilli, Juan Pons e Marisa Galvany); nel 1979 Gianfranco Rivoli dirige Aida (con Nunzio Todisco, Viorica Cortez e Maria Parazzini), Simon Boccanegra (con un giovane Reanto Bruson, Maria Parazzini, Bonaldo Giaiotti e Giorgio Casellato Lamberti), Ernani (ancora Bruson, Giaiotti, Casellato Lamberti e la Angeles Gulin), I due Foscari (Maria Parazzini, un giovanissimo Ferruccio Furlanetto, Vicente Sardinero e Renato Francesconi); nel 1980 è la volta di Lucia di Lammermoor (con Mariella Devia, Beniamino Prior e Giorgio Zancanaro), La sonnambula (Mariella Devia, Dano Raffanti e Mario Rinaudo), La traviata (Adriana Maliponte, Prior e Zancanaro); nel 1982 dirige Lucrezia Borgia (Alfredo Kraus, Margarita Castro Alberty e Benedetta Pecchioli), La Gioconda (la Gulin, José Carreras, Matteo Manuguerra e Rinaudo), Don Carlo (Nicolai Ghiaurov, Jaime Aragall, Mirella Freni, Giovanni Foiani e Viorica Cortez), Les pècheurs de perles (Kraus, Devia, Sarninero e Foiani) e infine nel 1984 la ripresa de I due Foscari (Parazzini, Gaetano Scano e Siegmund Cowan) e Macbeth (Matteo Manuguerra, la Ghena Dimitrova, Foiani e Gianfranco Manganotti). È gustoso l’aneddoto che vide protagonista Plácido Domingo nella rappresentazione del 13 settembre 1978 di Andrea Chénier quando – all”Improvviso” – ‘improvvisamente’ il tenore rimane senza voce. La tensione e il caldo insolito avevano giocato un pessimo tiro all’artista. Sparito dietro le quinte per riaversi e capire se era il caso di proseguire o di chiamare un sostituto, toccò a Rivoli salire sul palcoscenico e dire al pubblico – urlante di disapprovazione – cosa stava succedendo.
Gianfranco Rivoli dirada sempre di più la sua presenza nei teatri (le sue ultime apparizioni saranno al Teatro Comunale di Livorno e a quello di Bergamo, per le stagioni operistiche 1986-1987), fino al definitivo ritiro nella prediletta Umbria dove muore - il 18 ottobre 2005 - a Città di Castello.
Ecco, infine, un ricordo dei due figli maggiori di Gianfranco Rivoli, Gianluca e Gianmarco: ad Umbertide il direttore d'orchestra chiacchiera di musica, quando ad un certo punto dice ai due figli «Ho sempre cercato di avvicinarmi il più possibile al pensiero creativo originale dell’autore, alle sue idee, alle sue emozioni, convinzioni, abitudini, gusti, pregi, difetti e alle vicende umane del compositore. Tutto questo è stata la sintesi finale il mio lavoro: interpretare e trasmettere lo stato d’animo 'originale' del compositore al mio pubblico. Già: il teatro, il teatro dell’opera… una macchina complicata che obbliga a far convergere (in circa due o tre ore) la vita 'in quell'evento' dei miei artisti, la loro cultura, le loro convinzioni, il loro 'sentire'... perfino i vizi e le loro virtù; si sentono le ansie, i drammi, le soddisfazioni, la gioia del successo anche quando capitano momenti di irresistibile, ma involontaria. comicità: il kimono che scivola giù dopo 'Ah vien, sei mia' mentre Pinkerton e Cio-cio-san passano dal giardino alla casetta... oppure Scarpia che improvvisamente resuscita saltellando per il palco per togliere dalla mano la goccia di cera bollente che gli era caduta dal candelabro. Ci sono stati momenti terribili e di 'vero dramma' mentre sentivo alle spalle, senza saperne la ragione (tanto ero preso dall’orchestra e dallo spettacolo) l’onda montante delle risate. Ma, in teatro, non si sa come … tutto torna sempre a posto»
Si ringrazia per i contributi:
Paolo Antonini
Fonico della RAI Radiotelevisione Italiana
Giorgio Weiszberger
Per il prezioso aiuto nel ritrovare le recensioni a stampa dei concerti di Gianfranco Rivoli
Ernesto Dedò
Per il trattamento delle fotografie con software adatti al restauro