Abe Gurvin

Abe Gurvin (Attleboro, Massachusetts, 31 dicembre 1937 - Santa Maria,  [Santa Barbara County], California, 9 luglio 2012) è stato uno dei più prolifici ed interessanti artisti americani, tra i maggiori rappresentanti della 'psychedelic art' (che, nata a San Francisco, era un'evoluzione dell'arte 'groovy', e che traeva ispirazione dall'uso sistematico dell'LSD). Le notizie sulla sua formazione scolastica e professionale sono totalmente assenti dai websites, mentre assai noti, amati e premiati sono i suoi lavori: ha disegnato copertine di album per artisti come Janis Joplin, The Zodiac, Federal Duck e Bread, ma la storica serie di copertine per i dischi Nuggets per Elektra, rappresenta un autentico capolavoro che ha sancito, e in un qualche modo chiuso, un'era artistica straordinaria 

Il portfolio di Abe Gurvin includeva lavori pubblicitari per aziende come Toyota, Coca-Cola, Disney, Suzuki, IBM, Marantz, Scholastic, Kenwood, Time-Life Books, Sony Music e molti altri. Ha ricevuto premi da One Show, Communication Arts, New York Art Directors, Best of Show, LA Society of Illustrators, New York Society of Illustrators, Los Angeles Art Directors Club, Society of Publication Designers e The Belding Award. 

Ricordiamo alcuni lavori grafici di Abe Gurvin come l’indimenticabile copertina di Car & Driver del maggio 1968, dove un disegno psichedelico era stato trasferito sul cofano di una Porches; la collezione di disegni per la cucina Casserole Cookbook, per la serie fantascientifica Sci-Tech e le numerose illustrazioni realizzate a mano per un progetto editoriale di fiabe (rimasto inedito ancora oggi) chiamato I Am Being Me di Ann di Hope. 

Abe Gurvin ha fatto parte del consiglio di amministrazione della SILA (Società degli illustratori di Los Angeles); nel 1988 Gurvin si è trasferì in una villa a Laguna Beach in California e, successivamente, a Santa Maria dove morì all'età di 74 anni. 

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l'unica cosa piatta in cui credere è il disco

La mia collezione preziosa è la prova evidente che qualsiasi cosa può essere un tesoro. L'aspetto più importante per me 

non è rappresentato dal valore degli articoli, ma dalla gioia che questi mi hanno donato negli anni.

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Chi è Zecky


collezionista di vinili per passione
 

Tra le cose che ricordo con più piacere di quando ero bambino ci sono molti giocattoli, qualche libro illustrato, alcuni programmi televisivi della Rai (I ragazzi di Padre Tobia, Non è mai troppo tardi e – ovviamente – Carosello) e i dischi in vinile. Non erano miei, erano di mio padre – geniale elettrotecnico e intuitivo riparatore di giradischi – che li acquistava per poter testare la qualità degli impianti Hi-Fi.

 

Anni ’60: ricordo estati passate nelle spiagge di Chioggia Lido, con l’ombrellone accanto a gruppi di giovani - allora ventenni - e il loro mangiadischi con le canzoni di Rita Pavone o Gianni Morandi.

Ma quanto stupore e fascino suscitavano in un bambino tra i 6 e i 10 anni quegli scatolini sonori, arancioni, rossi e bianchi che In spiaggia nel pomeriggio i chioschi di bibite dispersi in quelle stesse spiagge diffondevano centinaia di canzoni! Benedetti juke-box, e io lì incollato a vedere il rito magico del cambio dei vari dischi grazie a quel buon robot che aveva le mani di acciaio e delicatamente prendeva, faceva suonare e poi riprendeva il 45 giri e lo rimetteva al suo posto nella rastrelliera…

Ma un ricordo è ancora più nella mia mente: il ‘cambia-dischi’ col disco che scende sul turntable e consente di ascoltare in automatico tre facciate di seguito senza alzarsi dalla poltrona. Era il ‘mio’ Garrard che possiedo ancora…

 

L’oggetto nero, il disco, l’unica cosa piatta in cui credere, è ora nel mio dna. Sto bene con i miei dischi: qualcuno l’ho consumato al punto di doverlo riprendere, altri non li ascolto da 30 anni. Con i dischi entro nella ‘Sindrome da Fahrenheit 451’, quella che procurano sia il libro che il film (il primo di Ray Bradbury, il secondo di François Truffaut con uno stralunato Oskar Werner e una impenetrabile Julie Christie, interpreti straordinari di una pellicola che mi è entrata nella pelle. La scena della ‘donna-libro’ che brucia con la sua intera biblioteca mi fa rabbrividire ancora oggi).

 

«Non esiste un disco da buttare», mi sono sempre detto: la ‘Sindrome da Fahrenheit 451’ è dura da debellare, anche se – con l’età – posso dire che di dischi brutti ce ne sono stati e ce ne sono ancora, e tanti.

Sono anche inutili?

Chi lo sa?

Sono da buttare?

No. Vale la ‘Legge di Falstaff’ (Verdi-Boito):

«Pur, senza me, costor con tanta boria,

non avrebbero un briciol di sale.

Son io che vi fa scaltri.

L'arguzia mia crea l'arguzia degli altri».

Il disco mediocre rende un altro migliore...

 

Il mercato del collezionismo del vinile è strano, spesso non coincide con l’oggettiva bellezza del contenuto musicale. Un vinile (uno qualunque) di Herbert von Karajan ha prezzi basso-accessibili, a parte la sua ultima registrazione vivente con i Wiener Philharmoniker (DG 429 2261, Bruckner, Sinfonia n. 7) che ha sempre avuto prezzi esorbitanti e ingiustificati, se non l’esiguo numero di copie stampate. Al contrario moltissimi vinili di Johanna Martzy o di Gioconda De Vito raggiungono prezzi inaccessibili per le medie-tasche. Martzy vs Karajan: non c’è discorso musicale che tenga, solo collezionistico o, peggio, feticistico.

Per quanto io sia talvolta compulsivo nell’acquisto dei vinili (si vedano le varie new entry in home page che aggiorno ogni settimana), non mi sono mai ritrovato in quel ristretto numero di pazzi collezionisti da 500 euro a botta per rari vinili in prima stampa, più per forma mentale che per le mie ‘normali’ possibilità economiche: sono prezzi immorali. Se qui vedrete Lp che oggi costano centinaia (e forse qualcuno migliaia) di euro è perché li ho da più di 30 anni, acquistati quando ero più giovane e il loro prezzo era  normale, quello ‘del negoziante’.

 

Nemico numero uno della collezione? Lo spazio.

Ad un certo punto finisce. Difficile crearne del nuovo, se non il spostare il tutto, traslocare.

Allora si sacrificano le doppie copie (qui ne proporrò alcuni in scambio) e magari qualche disco che con l’età e l’esperienza di ascolto, ci appare meno interessante.

 

Questa è la mia esperienza di collezionista.

E la vostra?